“VOI AVETE GLI OROLOGI NOI ABBIAMO IL TEMPO…”
Così decanta un proverbio afgano che sembra far da eco in questi giorni di vuoto e silenzio così assordanti.
Cosa ne è stato del nostro tempo? Cosa è accaduto al nostro spazio?
Spazio e tempo rappresentano due dimensioni necessarie allo sviluppo della vita.
L’esperienza della nascita ci insegna come essa richieda la presenza di entrambe queste dimensioni perché una nuova vita possa essere generata.
Il ventre della donna si amplia in seguito al concepimento e impiega ben nove mesi perché l’embrione possa trasformarsi in un individuo capace di poter sopravvivere in uno spazio e in un tempo più estesi di quello che la natura ha predisposto per il tempo di gestazione.
Non c’è orologio umano che possa alterare l’estensione di questo tempo necessario all’embrione per poter completare la sua crescita .
Eppure, se da un lato l’esperienza della nascita ci espone costantemente alla dimensione dell’attesa e di quanto essa si riveli necessaria per la gestante e per la sua stessa creatura, dall’altro la nostra epoca sembra dimenticare costantemente questa necessità.
Lo spazio inteso come possibilità di fare, si è dilatato fagocitando il tempo in maniera sempre vorace e avida fino ad inghiottirlo a volte del tutto.
L’assenza di confini ci ha permesso di arrivare ovunque a dispetto di qualunque tempo.
Viviamo nella generazione dell’immediatezza, nella generazione in cui l’attesa è qualcosa che sembra far nascere la necessità di trovare un’occupazione più o meno immediata che possa alleggerire subitaneamente se possibile, da quel peso insopportabile che l’attesa fa percepire .
Ma cosa ne è stato del nostro tempo? Me lo chiedo e ve lo chiedo una seconda volta …
Ci siamo abituati a comprimerlo …ci siamo abituati a misurarlo, a contarlo a sezionarlo e persino a contrastarlo.
Siamo tutti coinvolti in corsa perpetua contro il tempo.
Il tempo, sembra essere diventato qualcosa da cancellare, un limite da non sentire ,difficile da tollerare. Persino la chirurgia estetica sembra essersi attrezzata per rimediare a qualunque traccia o solco lasciato nella sua corsa instancabile da questo vecchio gigante che mai s’arresta.
Ma, mentre eravamo intenti ad allenarci come veri maratoneti contro questo assiduo competitor, ecco che con l’aiuto di un microscopico esserino nel suo superarci il tempo ci ha regalato tempo .
Ed ecco che il mondo, al tempo del coronavirus, sembra fare improvvisamente un passo indietro.
Al tempo del coronavirus, le radio, le tv e persino i social, trasmettono dai balconi canzoni che ricordano il blu dipinto di blu, di quanto il mondo sia meraviglioso e che raccontano come la felicità possa essere qualcosa di semplice vissuto insieme ma, con amore, davanti ad un panino o ad un bicchiere di vino.
Al tempo del coronavirus, nelle strade si ode il cinguettio degli uccelli coperto solo di tanto in tanto dall’urlo o dalla risata di qualche bambino che affacciato al proprio balcone gioca come può, con ciò di cui dispone .
E già… perché anche i bambini come noi, hanno dovuto fare i conti con questo tempo che si dona.
Impossibile non pensare alla percezione del tempo nei bambini.
Abbiamo insegnato loro senza accorgercene, a gareggiare contro questo incredibile tiranno e a cercare a tutti i costi di superarlo.
Li abbiamo nutriti di continui stimoli pensando che questo servisse ad arricchire la loro fantasia e se possibile, la loro creatività.
Ma è proprio così? Dove e quando nasce la creatività in un bambino?
Essa come ci insegna Winnicott nasce in un tempo e in uno spazio condivisi insieme a qualcuno che sia capace di regalare loro quel tempo per poter esprimere e trovare sé stessi senza imposizioni e senza che l’ambiente si sostituisca con continue proposte al “gesto spontaneo” di un bambino
E’ un tempo dedicato, è un tempo sognato quello della creatività.
E’ un tempo nel quale la fiducia, prende il posto di qualsiasi misura ,di qualsiasi regola, di qualsiasi scopo.
E’ un tempo nel quale si può diventare ciascuna cosa e lo si può fare insieme senza che vi sia alcuna gara o alcuna sconfitta ma potendo sentire il tempo, come un valido alleato che senza tradire per questo sé stessi e senza sentirsi traditi, non disturba troppo ma se ne sta li’ dimentico e quieto a servizio del creare.
Non è un caso che nel gioco i bambini, perdano a volte la percezione persino dei propri bisogni primari sentendosi increduli di come l’attività creativa del gioco, li abbia distolti da quelle impellenti necessità.
E’ forse da lì che dovremmo ripartire, è forse a questo tempo che dobbiamo tornare…al tempo dell’attesa, al tempo del sognare, al tempo del creare
Perché se da un lato noi adulti abbiamo tutto ciò che ci occorre per batterlo, per misurarlo e per illuderci che non esista, dall’altro abbiamo i bambini che possono ricordarci che il tempo, al tempo del coronavirus, può essere un valido alleato e che se ne sapremo far tesoro ci insegnerà che un super eroe o persino un arcobaleno possono aiutarci ad aver fiducia e che anche in questo tempo qualcosa cambierà proprio come è sempre accaduto ma che nell’attesa conviene viverlo…
“ c’è un tempo d’aspetto come dicevo … qualcosa di buono che verrà …un tempo per seminare e uno più lungo per aspettare…un tempo sognato che bisognava sognare” ( Ivano fossati)
Laura Tocci
Esperta in infanzia e adolescenza