Con il divorzio si pone fine non solo ad unione ma ad un insieme di sogni, aspirazioni e aspettative che, purtroppo, rimarranno disattese, ci si chiede quindi come affrontare il lutto per la fine di un matrimonio. Spesso si fa riferimento al periodo che segue la fine di una relazione come ad un “lutto”. È corretto definirlo così? Vediamo insieme alcune teorie al riguardo.
Il lutto: modello di Kubler-Ross
Una delle teorie più conosciute per quanto riguarda l’elaborazione di un lutto è quella della psichiatra Elisabeth Kubler-Ross (1969) che all’interno del suo libro ‘On death and dying’ mette in luce quanto appreso nel lungo e difficile periodo di lavoro con dei malati terminali. La psichiatra elabora un modello basato sulle emozioni provate dalle persone che avevano ricevuto diagnosi di morte o che erano sopravvissute alla stessa. Il modello di Kubler-Ross, noto anche come Change Curve, è costituito da cinque fasi:
- negazione;
- rabbia;
- contrattazione;
- depressione;
- accettazione.
Ogni fase non ha una durata predeterminata e può verificarsi con intensità variabile e in ordine diverso. Il modello sviluppato da E. Kubler-Ross ha aiutato non solo le persone che si trovavano a vivere momenti dolorosi ma anche i professionisti stessi che lo applicano per descrivere i processi di lutto inerenti la perdita di una persona amata e la fine di una relazione.
Esiste un modello simile anche per il lutto derivante dalla fine di un matrimonio?
Sì, R. Emery ha elaborato il modello ciclico del lutto (1994) basandosi anche sugli studi compiuti dalla psichiatra E. Kubler-Ross. Secondo il modello ciclico del lutto le persone che attraversano un divorzio o una separazione – la coppia e i figli – fanno esperienza di un vero e proprio lutto con l’unica differenza che nella vita di una famiglia il divorzio non è mai definitivo. La presenza dei figli si frappone all’idea di chiusura totale dei rapporti tra i due ex partner, perché resteranno genitori per sempre nonostante la fine della relazione. Il lutto in questo modello è visto come un processo continuo e apparentemente senza fine, le persone si muovono ciclicamente e ricorsivamente dall’una all’altra di tre fasi:
- Amore
- Rabbia
- Tristezza
Man mano che passa il tempo, l’intensità delle emozioni si affievolisce e le varie fasi iniziano a fondersi tra loro fino a sovrapporsi. Nel momento in cui le emozioni si sovrappongono, si inizia ad avere una visione realistica e meno dolorosa del divorzio. Quando non avviene questa sovrapposizione, si rischia di rimanere intrappolati in una delle fasi del ciclo. Ad esempio, chi resta intrappolato nella fase dell’amore potrebbe negare la realtà della fine della relazione e cercare in ogni modo una riconciliazione. Un lutto non elaborato può rivelarsi una forza potentissima.
La fase del ciclo del lutto in cui sarebbe meglio non sostare durante un divorzio: la rabbia
La rabbia è forse il sentimento più distruttivo e complesso da gestire durante un divorzio, protegge dal dolore ma diventa deleterio per le relazioni e soprattutto per i figli. Può capitare, purtroppo, che uno dei due ex coniugi non riesca a superare la fase della rabbia e che questa prenda il sopravvento e si trasformi in frustrazione e risentimento nei confronti dell’altro. La situazione di “stallo” nella fase della rabbia potrebbe compromettere le relazioni dei due ex partner come genitori e riflettersi negativamente sui figli. Nell’affrontare il lutto per la fine di un matrimonio bisogna anche e soprattutto imparare a gestire le proprie emozioni e superare le fasi del ciclo del lutto, cercando di focalizzarsi su quello che di positivo rimane dell’unione.
La mediazione emotivamente informata. Un aiuto nell’affrontare il lutto per la fine di un matrimonio
La mediazione emotivamente informata, elaborata da Robert Emery (1994), tiene conto delle forti e contrastanti emozioni dei due ex partner durante le fasi del divorzio/separazione per “educarli” non solo sulle questioni legali e i bisogni dei figli ma anche sulla gestione e comprensione delle loro emozioni. L’obiettivo principale di questo tipo di mediazione resta quello di gestire il conflitto e spingere gli ex partner a “cooperare” come genitori nonostante gli sconvolgimenti emotivi che caratterizzano il momento. Il mediatore, appositamente formato, aiuta i genitori a gestire i sentimenti e le forti emozioni del momento critico e li aiuta a comprendere che rabbia, dolore, tristezza sono reazioni naturali ad un evento critico che rimette in discussione la vita di entrambi.
Ecco alcuni dei modi in cui i mediatori possono affrontare il dolore nel corso di una mediazione emotivamente informata:
- aiutare i coniugi a comprendere il loro dolore;
- aiutare i coniugi a comprendere il dolore l’uno dell’altro;
- entrare in relazione empatica con i sentimenti di ciascun partner;
- incoraggiare entrambi i coniugi a guardare oltre la loro rabbia.
Le coppie separate e divorziate devono negoziare nuovi confini nella loro relazione e secondo Emery, dovrebbero stabilire tra loro una sorta di “relazione professionale” caratterizzata da: distanza, educazione, flessibilità e formalità. Gli ex coniugi devono, quindi, diventare “soci in affari” nella cura genitoriale dei figli. È importante non confondere la mediazione emotivamente informata con le terapie di coppia o individuali. Per ricevere informazioni sui nostri servizi di mediazione contattaci.
Marialaura Misiano
Mediatrice familiare