Quando la relazione non termina con “e vissero felici e contenti…”

quando la relazione non termina

Una relazione non termina sempre con: “E vissero felici e contenti…” Quando guardiamo una serie tv o una commedia romantica, i due protagonisti vivono il loro lieto fine, riuscendo a superare gli ostacoli e facendo trionfare il loro amore sopra tutto e tutti. Fuori dagli schermi, però, l’amore non è sempre sufficiente. Anche se ogni cosa sembra andare bene per uno dei partner, l’altro potrebbe aver già pensato di porre fine alla loro unione, proprio com’è successo a Susy e Alberto. Approfondiamo insieme la loro storia.

Caso

La storia di Susy ed Alberto non è differente da quella di molte altre coppie. Arrivano in mediazione su suggerimento di un’amica, soddisfatta dei risultati raggiunti nella sua esperienza separativa. Susy e Alberto al primo incontro di mediazione sono tesi ed evitano di guardarsi in faccia. Entrambi, rispettando il turno di parola, raccontano la loro storia, quella di un amore intenso nato su un social network dopo un lungo corteggiamento da parte di Alberto. Per mettere fine alla distanza che li separava, i due decidono di sposarsi e di stabilirsi nella città dove vive e lavora Alberto. Susy si trova in una realtà diversa dalla sua, lontana dai suoi affetti, ma cerca comunque di ambientarsi.

Dopo un anno, nasce Marco. Susy si occupa della gestione familiare e del bambino, mentre Alberto lavora senza limiti di orario. Il tempo che trascorrono insieme si riduce sempre di più e mentre Susy si sente abbandonata nel suo ruolo di moglie e mamma, Alberto cerca di lavorare per garantire un futuro migliore alla loro famiglia e allo stesso tempo si impegna per raggiungere degli obiettivi personali. Con il passare del tempo la situazione in casa non migliora. Un giorno, di ritorno dal lavoro, Alberto trova un biglietto sul tavolo con scritto: “Perdonami, ma non credo di poter continuare a fare finta di nulla, devo ritrovare me stessa e non posso farlo con te vicino. Starò per un po’ con la mia famiglia. Puoi chiamare quando vuoi per sentire Marco”.

Dalla lettura di quel biglietto Alberto resterà spiazzato, da un giorno all’altro si ritrova senza la sua famiglia e senza capirne neanche i motivi. In seguito, Susy ed Alberto decidono di mettere fine alla relazione consapevoli ormai, che il loro amore era giunto al capolinea. La preoccupazione di entrambi è la distanza che potrebbe rendere difficile il rapporto tra Marco e Alberto. Vengono in mediazione per cercare insieme la migliore soluzione che tenga conto dei bisogni di tutti.

La fine di una relazione: chi viene lasciato soffre più di chi lascia?

Durante uno degli incontri di mediazione, Alberto esordisce con un’affermazione: “Chi viene lasciato soffre di più, perché io leggendo quel biglietto mi sono sentito crollare il mondo addosso. Mi sono sentito perso. Credevo che il nostro fosse un amore perfetto”.

È davvero così? Chi viene lasciato soffre di più? Esiste: “L’amore perfetto”?

Certamente la fine di una relazione comporta sofferenza e dolore per ambedue i partner. Chi lascia, però, ha emotivamente un vantaggio legato al tempo, ha avviato per primo il processo di elaborazione del lutto. È lui ad aver pensato al divorzio, ad aver ben ponderato la scelta e ad aver considerato le probabili alternative riguardo ai figli. Entrambi i partner attraverseranno lo stesso ciclo del lutto ma in tempi diversi, chi prende la decisione è probabilmente già alla fine del ciclo e vede l’altro come qualcosa di appartenente al passato.

Chi subisce la decisione, invece, non è emotivamente pronto. Lo shock subito nello scoprire la volontà del partner lo catapulta in un vortice di emozioni, in cui potrebbe prevalere la speranza di voler salvare il matrimonio. Entrambi gli ex partner attraversano le stesse emozioni: amore, rabbia, tristezza, ma non saranno mai nello stesso punto del ciclo del lutto e nello stesso momento. Per non rimanere intrappolati in una delle fasi del ciclo occorre, come sostiene R. Emery, vivere il lutto condividendolo e saper perdonare.

Quando la relazione non termina con “e vissero felici e contenti”, la guarigione può richiedere tempo.

Perché le rotture sono così dolorose? Un divorzio può essere una delle esperienze più stressanti ed emotive della vita, soprattutto quando la relazione non termina consensualmente. Qualunque sia la ragione della separazione, che sia stata voluta o subita, questa capovolgerà il mondo di entrambi i partner e scatenerà ogni sorta di emozione dovuta alla perdita non solo della relazione, ma anche dei sogni e degli impegni condivisi negli anni.

Una rottura o un divorzio lanciano i partner in un territorio inesplorato. Tutto è sconvolto, la routine, le responsabilità, i rapporti con le famiglie d’origine e gli amici. Riprendersi da una rottura o da un divorzio può essere difficile e richiede tempo. È importante continuare a ricordare a se stessi che questa difficile esperienza sarà superata, chiedendo aiuto ad un professionista se necessario.

La ricetta dell’amore perfetto: intimità, passione e impegno

Robert J. Sternberg, psicologo e professore della Cornell University, ha teorizzato il modello triangolare dell’amore. Secondo Sternerg, l’amore può essere compreso sulla base di tre elementi, che possono essere metaforicamente assimilati ai tre vertici di un triangolo.

Vediamo insieme nello specifico quali sono questi tre elementi:
  1. Intimità, che si riferisce a sentimenti di vicinanza, legame e confidenza nelle relazioni amorose. Bisogna farsi conoscere dall’altro, aprirsi per instaurare una relazione amorosa.
  2. Passione, si riferisce all’attrazione fisica e sessuale, all’istintività, alle pulsioni che portano all’inizio di una relazione.
  3. Decisione/Impegno, nel breve termine è la decisione di amare una determinata persona e nel lungo termine è l’impegno a mantenere quell’amore. Ci si può impegnare nell’amare una persona anche solo nel breve termine, non necessariamente nel lungo termine.

I tre elementi sono indipendenti l’uno dall’altro ma interagiscono tra di loro: ad esempio una maggiore intimità può portare ad una maggiore passione. Solo l’amore completo o consumato presenta la giusta combinazione dei tre elementi è rappresenta l’amore che tutti sognano, l’amore romantico. Purtroppo, questo tipo di amore è difficile da raggiungere e una relazione non termina sempre come nelle migliori favole.

La difficoltà delle relazioni amorose è farle durare nel tempo, quando una componente sarà prevalente rispetto alle altre sarà necessario comprendere i cambiamenti che intercorrono tra i due partner.

La mediazione aiuta a comprendere i bisogni dell’altro

Alberto e Susy nel corso degli incontri di mediazione riescono a chiarirsi e ad ascoltarsi, insieme hanno compreso i loro bisogni e quello che desiderano per il figlio. Nell’accordo finale i due genitori hanno stilato un “calendario settimanale” per la gestione del tempo di Marco con la mamma e con il papà. Aberto si impegna a recarsi nella città dove vivono Susy e Marco per passare dei giorni con il figlio una volta al mese; mentre ogni due week-end sarà Susy ad accompagnare Marco dal papà. In questo modo Alberto riuscirà a costruire una relazione continuativa con il figlio senza farlo viaggiare molto, cosa che preoccupava Susy. I figli superano meglio un divorzio, se sentono che i genitori cooperano e limitano il loro coinvolgimento nei conflitti.

In mediazione familiare attraverso l’ascolto attivo, viene concesso uno spazio e un tempo alla coppia e il mediatore come uno specchio rifletterà le emozioni dei due epurate da sentimenti di rabbia, negatività e rancore. In questo modo sarà più semplice superare la tensione e convergere sui bisogni di tutti, soprattutto quelli dei figli. Anche quando la relazione non termina nel migliore dei modi, i genitori possono mantenere un rapporto sereno per il bene dei figli. Per informazioni contattaci.

Marialaura Misiano
Mediatrice familiare

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