L’alienazione genitoriale è considerata da alcuni autori una forma sotto-stimata di maltrattamento psicologico nei confronti dei figli (von Boch-Galhau, 2018) che può manifestarsi in seguito a separazioni conflittuali. Si tratta di un fenomeno più profondo rispetto al conflitto di lealtà o un aggravamento dello stesso. Di fatto, i figli alienati vengono manipolati da un genitore affinché si allontanino definitivamente dall’altro caregiver.
La letteratura clinica attuale distingue l’alienazione genitoriale dal distacco giustificato.
La prima corrisponde al rigetto ingiustificato di un genitore da parte del figlio, in seguito alla manipolazione e all’indottrinamento ricevuto.
Il secondo, invece, consiste nel rifiuto giustificato di un genitore conseguente ad antecedenti realmente accaduti, come un abbandono, un maltrattamento, un abuso sessuale o atti di violenza familiare (Sauber, 2011; Baker et al., 2012; Bensussan, 2017).
Criteri di definizione
Si ricorre a tre criteri per delineare il concetto di alienazione genitoriale, in assenza dei quali non è possibile definirla tale (Warshak, 2006):
- Il rigetto o la diffamazione di uno dei genitori non si verifica occasionalmente ma in modo permanente.
- Il comportamento ostile è irrazionale, nel senso che l’alienazione non costituisce una reazione coerente ad un reale comportamento del genitore rigettato e non si basa su esperienze negative reali vissute con esso.
- Il rigetto è il risultato parziale dell’influenza del genitore alienante (e/o di altre persone di riferimento importanti).
Gli indizi che possono suggerire la presenza dell’alienazione
In primis, è possibile notare l’esistenza di razionalizzazioni fantasiose per spiegare il rigetto, accompagnate da giustificazioni stridenti.
L’ostilità viene estesa all’intera famiglia e all’entourage del genitore rifiutato e si verifica un rigetto di quest’ultimo a prima vista, senza che il figlio sperimenti alcun rimorso o senso di colpa.
La conseguenza diretta è l’idealizzazione di un genitore a scapito dell’altro.
Le modalità più frequenti adottate per indurre l’alienazione
Il genitore alienante effettua una svalutazione irrazionale dell’altro genitore in presenza del figlio, una descrizione negativa che causa la rottura dei contatti tra quest’ultimo e il genitore alienato.
L’uso mirato di false informazioni, l’influenza suggestiva e/o la trasmissione di doppi messaggi discordanti possono appesantire ulteriormente la situazione (Baker & Darnall, 2006).
Segnali d’allarme nei figli
Nei figli, si possono notare manifestazioni di paura, dipendenza, sottomissione, ”asservimento” e di identificazione con il genitore alienante (Cierpka & Cierpka, 2000). Vengono compromessi la salute, la sicurezza e il benessere morale del bambino (Kodjoe & Koeppel, 1998).
L’induzione dell’alienazione comporta un’incoerenza nel figlio in termini di dispercezione di sé e dell’altro, che lo porteranno a non fidarsi dei suoi stessi sentimenti e della propria percezione, perdendo il senso di realtà e i suoi confini.
Imprigionato nella dipendenza, si ritrova sottomesso alla benevolenza del genitore alienante che lo influenza. La sua identità vacilla ed è fragile.
Di conseguenza, si può osservare un’auto-valutazione negativa o, al contrario, una sovrastima grandiosa di sé, così come una mancanza di amor proprio e un’insicurezza profonda (Lasbats, 2004; Johnston, 2005; Hirigoyen, 2012, 2016).
Gradienti di alienazione
Si può sottolineare la presenza di tre distinti livelli di gravità nell’alienazione genitoriale:
- L’alienazione genitoriale leggera (Darnall, 2013): il bambino rifiuta di entrare in contatto con il genitore che vive fuori casa, ma si rallegra per la sua presenza quando vi è insieme. Il figlio è in ogni caso capace di distanziarsi dagli atti di svalutazione messi in atto dal genitore alienante.
- L’alienazione genitoriale moderata (Worenklein, 2013): si registrano sintomi più accentuati e problemi maggiori durante le visite. Il bambino si oppone ferocemente ad ogni tipo di contatto, ma vi acconsente quando esso viene stabilito e nel momento in cui il genitore alienante è assente.
- L’alienazione genitoriale severa (Warshak, 2013): avendo il figlio assimilato un’immagine falsamente negativa del genitore alienato, rifiuta categoricamente ogni tipo di contatto con esso in modo irrazionale e senza alcuna ragione obiettiva. Il bambino considera i due genitori in modo estremamente polarizzato. In questo caso solo il tribunale, competente in materia di questioni familiari, può esercitare l’autorità necessaria per rompere il processo di alienazione, in collaborazione con un esperto o uno psicoterapeuta.
È indispensabile svolgere una diagnosi coscienziosa del sistema familiare nel suo insieme, al fine di identificare le persone “manipolatrici” e il ruolo svolto dal genitore alienato (Bricklin & Elliott, 2006; Sauber & Worenklein, 2013).
Su quali aspetti concentrarsi nell’intervento?
I programmi psico-educativi e di terapia familiare adottati in questi casi mirano a sostenere i figli di genitori divorziati o separati, profondamente alienati, al fine di ricostruire una relazione con il genitore rifiutato e la propria identità perduta (von Boch-Galhau, 2018).
L’obiettivo, quindi, è quello di mettere in contatto il bambino con il genitore alienato e di mettere a disposizione una formazione psico-educativa ai genitori. È importante supportare il minore affinché riconsideri la realtà e corregga le percezioni di sé e dell’altro deformate dall’alienazione.
È essenziale che lo si aiuti a ridurre il peso che è ricaduto sulle sue spalle e a prendere le distanze dai conflitti di lealtà. Con il sostegno di un programma psico-educativo e/o, a seconda dei casi, di un percorso di mediazione familiare è possibile riorganizzare le relazioni familiari implementando una migliore comunicazione e gestione del conflitto genitoriale. Il bambino potrebbe così sviluppare una visione più equilibrata dei genitori e iniziare a decostruire le attitudini polarizzate nei loro confronti.
A chi è possibile rivolgersi
Il tipo di intervento attuabile deve tenere in considerazione il livello di gravità dell’alienazione.
È stato riscontrato come, nei casi di separazione e divorzio nei quali un bambino è vittima di alienazione severa, ricorrere agli approcci terapeutici tradizionali o esclusivamente alla mediazione sia inefficace (Darnall, 2010; Fidler et al., 2013; Miller, 2013; Reay, 2011; Warshak, 2010). È necessario che queste famiglie vengano aiutate da specialisti esperti, in collaborazione con il sistema giuridico, ponendo sempre in primo piano l’interesse del minore. È di fondamentale importanza che il terapeuta non si allei con il genitore alienante, il quale potrà tentare di sabotare la terapia, ostacolando il riavvicinamento tra il genitore alienato e il figlio. A questo proposito, risulta indispensabile incentivare il genitore alienante ad intraprendere un percorso terapeutico, alimentandone la motivazione (Reay, 2015).
Un’altra accortezza da tenere in considerazione è la necessità di operare in termini di terapia familiare, coinvolgendo tutti i membri del nucleo familiare (genitore alienante, genitore alienato e figlio) e, a volte, allargare il setting ad ulteriori componenti della famiglia allargata (Reay, 2015).
Anna Graefer
Dott.ssa in Scienze e tecniche psicologiche