Coronavirus e Servizi Sociali: “Come non essere lasciato solo?” è la domanda che, in questi giorni di emergenza sanitaria e di restrizione degli interventi, sorge più spesso tra gli utenti dei servizi sociali. Vediamo quali sono i servizi ancora disponibili, come è cambiato il funzionamento e a chi chiedere informazioni.
Servizi di assistenza per i minori
L’esigenza primaria sono i servizi di assistenza ai minori, garantiti a domicilio, adottate tutte le cautele, considerata la necessità di accertare da vicino la situazione familiare.
Proseguono anche i colloqui istruttori tra assistenti sociali e coppie aspiranti all’adozione, possibilmente utilizzando strumenti telematici, mentre i corsi preadozione sono rinviati secondo un calendario stabilito dagli uffici regionali competenti.
Lo scopo è assicurare il più possibile la continuità del contatto tra il minore, la sua famiglia e il referente dei servizi assistenziali. Ad esempio, molti operatori dei centri diurni di aggregazione, la cui attività è sospesa per la durata dell’emergenza, su disposizione dei responsabili, sono impiegati nelle visite a domicilio.
In alcuni Comuni i centri diurni continuano a funzionare seguendo limitazioni: la presenza di non più di 5 persone, compresi gli operatori, la distanza di sicurezza di un metro, l’osservanza di tutte le norme di cautela previste dal Ministero e dalla Regione. Tutte le altre attività ludiche e di socializzazione sono sospese.
Il D.P.C.M. dell’8 marzo 2020 ha limitato l’accesso dei visitatori alle strutture di accoglienza per minori stranieri non accompagnati, ma le Regioni hanno stanziato fondi per organizzare progetti ludico-ricreativi e di socializzazione al loro interno. Questo per evitare l’esclusione degli stranieri vulnerabili, poiché in molti Comuni l’erogazione di contributi è rallentata o interrotta, gli assistenti sociali hanno limitato i colloqui di persona e molte famiglie hanno perso le minime fonti di sostentamento.
Le limitazioni o le interdizioni all’accesso di visitatori o utenze esterne valgono anche per altre strutture residenziali (case famiglia) e sono regolabili dal responsabile, che però ha l’obbligo di garantire chiamate periodiche e, dove possibile, le videochiamate. Gli operatori continuano a garantire l’assistenza agli ospiti e il gestore deve assicurare la copertura di quelli mancanti. Sono sospesi i tirocini di inclusione lavorativa presso gli enti convenzionati con Comuni e Regioni, salvo che forniscano servizi necessari e possano garantire le condizioni di sicurezza.
Coronavirus e servizi sociali: l’affidamento familiare diurno di minori
Adottate le cautele, può proseguire anche l’affidamento familiare diurno di minori, disposto dai Tribunali per i Minorenni, ma su valutazione del loro superiore interesse. Essa spetta sempre al giudice, che la comunica con ordinanza, nel modo più tempestivo possibile, al minore, ai responsabili della struttura che lo ospita, alla famiglia affidataria e all’assistente sociale. Questi deve trasmettere al Tribunale qualsiasi valutazione. Perciò, in queste situazioni, è importante che i responsabili di struttura e gli assistenti sociali mantengano un contatto con la famiglia affidataria per stabilire se, ad esempio, gli spostamenti o la permanenza in appartamento con un nucleo numeroso possano corrispondere al suo superiore interesse.
Coronavirus e servizi sociali. I centri di ascolto per famiglie
I centri di ascolto per famiglie che offrono servizi di consulenza e mediazione familiare possono proseguire l’attività se le loro strutture e la loro organizzazione garantiscono il rispetto della distanza interpersonale di un metro. La mediazione familiare resta particolarmente utile per superare, nell’interesse dei figli e grazie all’autodeterminazione delle parti, le contraddizioni emerse in alcune ordinanze dei Tribunali.
Il D.P.C.M. dell’11 marzo, infatti, consente di raggiungere i figli minorenni presso l’altro genitore residente in altro Comune, scegliendo il tragitto più breve, rispettando le prescrizioni sanitarie e le modalità fissate dal giudice nei provvedimenti di separazione e divorzio o, in assenza, secondo quanto concordato tra i genitori.
Tuttavia, un’ordinanza del Tribunale di Bari depositata il 26 marzo 2020 ha accolto la richiesta di una madre, sospendendo, fino al termine di proroga delle restrizioni governative, le visite del figlio con lei convivente al padre residente in un Comune diverso e sostituendole con le videochiamate, seguendo lo stesso calendario e gli stessi orari.
La Corte ha ritenuto il diritto-dovere fondamentale alla bigenitorialità recessivo rispetto alle eccezionali e urgenti limitazioni stabilite dalla legge per evidenti ragioni di salute pubblica e legittimate dall’art. 2 della Costituzione.
Coronavirus e servizi sociali: gli spazi neutri di incontro tra genitori e figli
Presso i centri di ascolto per famiglie si trovano spazi neutri di incontro tra genitori separati e figli.
Nella maggior parte delle Regioni il loro rispetto può essere garantito fissando appuntamenti con i responsabili delle strutture.
Gli incontri in luogo neutro tra minori e genitori, da svolgere alla presenza di uno psicologo presso le strutture residenziali (case famiglia, ecc.) sono invece sospesi, così come i rientri dei minori al domicilio, ma i responsabili sono obbligati a garantire chiamate e laddove possibile, videochiamate. Le Regioni comunicano tali disposizioni e i loro aggiornamenti ai Tribunali e alle Procure per i Minorenni, ai Tribunali ordinari e alle Sezioni competenti delle Corti d’appello.
Coronavirus e servizi sociali: i centri antiviolenza
I centri antiviolenza rimangono attivi sul territorio nazionale, continuano ad offrire consulenza psicologica e legale con il supporto costante delle operatrici e il collocamento in case rifugio per le donne e i loro figli.
Gli sportelli sono chiusi, ma è stata potenziata la risposta telefonica: le vittime possono chiamare il numero nazionale 1522 e i numeri regionali, come quelli attivati dai centri della rete Di.Re. Esiste anche l’applicazione Youpol che permette di trasmettere alla Polizia, in tempo reale e in anonimato, messaggi e immagini e da cui si può chiamare il numero di emergenza 112 oppure la sala operativa della Questura (113).
Se siete vittime di violenza potete rivolgervi anche alla ASL della vostra città indicando, nell’autocertificazione obbligatoria per gli spostamenti, i motivi di salute. Se conoscete una vittima non azzardate consigli ma documentatevi sull’argomento e chiamate un centro antiviolenza, perché si tratta di situazioni complesse e spesso pericolose. In caso di pericolo, avvertite le forze dell’ordine
Le associazioni di volontariato che distribuiscono beni di prima necessità, in accordo con gli assistenti sociali, possono operare solo se garantiscono la distanza interpersonale di un metro e l’uso dei presidi sanitari. Tuttavia, l’attività può anche essere sospesa dai servizi sociali pubblici territoriali, che svolgono il coordinamento delle organizzazioni non profit. Tutte le informazioni sulle associazioni di volontariato che distribuiscono beni sono reperibili, solitamente, sul sito internet del proprio Comune di abitazione.
Per concludere, di fronte alle divergenze interpretative e ai disallineamenti organizzativi, gli operatori chiedono che il Governo detti linee guida nazionali di gestione dell’emergenza che stabiliscano quali servizi devono sempre essere garantiti – e con quali modalità – su tutto il territorio italiano, soddisfacendo egualmente gli stessi bisogni. Inoltre, chiedono che ne siano creati di nuovi per le specificità della situazione attuale.
Coronavirus e servizi sociali: la normativa di riferimento
I servizi sociali per la famiglia rientrano nei livelli essenziali delle prestazioni che, secondo l’art. 117 della Costituzione, lo Stato deve garantire anche in situazioni di emergenza per la salute o l’ordine pubblico. La norma, però, prevede la competenza esclusiva degli enti locali: soltanto Regioni, Province, Comuni e Città metropolitane possono legiferare in materia di servizi assistenziali e definire la loro disciplina.
Le normative di riferimento, durante questa emergenza Coronavirus, sono le linee guida e le indicazioni di dettaglio approvate dai Consigli Regionali, in linea con i D.P.C.M. reperibili sui siti internet delle Regioni (qui ad esempio quelle del Piemonte, una delle più colpite).
In situazioni di necessità e urgenza, l’Assessore regionale competente, sentita l’unità di crisi regionale, può fornire direttive di integrazione.
Comuni e Città metropolitane hanno, invece, la competenza amministrativa e di ripartizione delle risorse stanziate dalle Regioni e dallo Stato (da ultimo, quelle messe a disposizione dal Governo con il D.P.C.M. del 6 marzo 2020), di cui sono beneficiari gli enti “gestori” attivi sui territori comunali.
Per tutto ciò che non è disposto dalle linee guida, si rimanda all’autonomia organizzativa dei vari enti gestori dei servizi di supporto alla famiglia, che possono stabilire direttive per i loro dipendenti, sempre in linea con le misure stabilite dall’ultimo D.P.C.M.
Non esiste, dunque, una normativa valida per tutte le Regioni, ma ognuna sta procedendo ad adottare la propria adeguandosi alle indicazioni dal Governo. Per tale motivo in questa guida ai servizi sociali per la famiglia durante l’emergenza Coronavirus, si è fatto riferimento al dato relativo alle misure adottate dalla maggior parte delle Regioni italiane.
Matilde Mazzeo
dott.ssa in giurisprudenza