L’interrogativo “dare uno schiaffo è reato” costituisce una tematica ricorrente, imposta dall’evoluzione sociale.
È noto come l’utilizzo di metodi violenti, come lo schiaffo, per fini educativi sono ripudiati e sostituiti dal dialogo e dalla collaborazione. Ma occorre interrogarsi se lo schiaffo, anche isolato, dato dal genitore ai danni del figlio minore possa integrare il reato di abuso dei mezzi di correzione o di disciplina ex. art. 571 c.p.
Cosa dispone l’art. 571 c.p.?
Chiunque abusa dei mezzi di correzione o di disciplina in danno di una persona sottoposta alla sua autorità, o a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, ovvero per l’esercizio di una professione o di un’arte, è punito, se dal fatto deriva il pericolo di una malattia nel corpo o nella mente, con la reclusione fino a sei mesi.
Se dal fatto deriva una lesione personale, si applicano le pene stabilite negli articoli 582 e 583 c.p., ridotte a un terzo. Se ne deriva la morte, si applica la reclusione da tre a otto anni.
Dunque la norma presuppone un rapporto disciplinare o di autorità, c.d. jus corrigendi, tra il soggetto attivo e quello passivo.
L’elemento materiale del reato consiste quindi nell’abuso dei mezzi di correzione o di disciplina. In merito al profilo soggettivo è sufficiente un dolo generico, non essendo richiesto un fine particolare e ulteriore rispetto alla consapevole volontà di realizzare la condotta di reato.
Perciò il delitto in esame si consuma con il realizzarsi del fatto descritto, sempre che da ciò derivi un pericolo. Questo è inteso come la probabilità e non mera possibilità, di una malattia nel corpo o nella mente, ossia un processo patologico che determini un’apprezzabile menomazione funzionale dell’organismo
Qual’ è la giurisprudenza della Corte di Cassazione?
Sulla circostanza per cui dare uno schiaffo è reato, la Cassazione si è pronunciata con la sentenza del 28 settembre 2021 n. 37080. Esattamente la Corte condannava il genitore per il reato di cui all’art. 571 c.p. perché aveva tirato un ceffone al figlio minore, causandogli una lesione, dalla quale era derivata una malattia guaribile di tre giorni.
La Cassazione ha ribadito che comportamenti oggettivamente pericolosi o dannosi utilizzati come metodi educatici o punitivi sono penalmente rilevanti, soprattutto se da questi scaturisca un pregiudizio al destinatario della condotta.
Quindi la legge vieta di procurare un danno fisico o psichico. Gli strumenti per espletare il dovere educativo non devono ledere la dignità e l’integrità fisica del minore, poiché chi oltrepassa questo limite commettere il reato di abuso in parola.
Conclusioni
La legge punisce l’utilizzo eccessivo o inopportuno di un mezzo di correzione o educazione. Consegue che uno schiaffo di minima entità fisica, senza pregiudizio, potrebbe non essere penalmente perseguibile a differenza di un ceffone esercitato con forza. Infatti anche solo uno schiaffo di violenza tale da procurare una lesione o un pericolo di danno (ad esempio un danno ai denti) potrebbe configurare reato ed allora assumerebbe importanza l’audizione del minore stesso! In conclusione dare uno schiaffo è reato quando l’azione ha le caratteristiche elencate dalla norma.
Avv. Debora STASOLLA