Sempre più frequentemente il termine depressione è associato al momento immediatamente successivo al parto indicando questo stato con la definizione di Depressione post partum . Il termine Depressione è diventato ormai di uso comune anche a livello colloquiale nella lingua italiana. Spesso viene utilizzato nelle forme di sostantivo o di aggettivo per fare riferimento a stati d’animo comunemente ritenuti fisiologici e transitori o per fare riferimento ad aspetti caratteriali attribuiti a sé o ad atri.
Tuttavia questa eccessiva generalizzazione può correre il rischio di trascurare aspetti importanti che richiederebbero uno spazio di cura specifico o ancora di clinicizzare vissuti o stati d’animo il cui attraversamento risulta un processo necessario per fortificare l’Io.
La depressione post partum è una condizione cui sono obbligate tutte le partorienti? La tristezza successiva al parto è da considerarsi una forma depressiva? Vediamo insieme di chiarire alcuni aspetti che è utile conoscere e di rispondere ad alcune frequenti domande
Cos’è la depressione post-partum e come riconoscerla
La depressione post partum è un disturbo depressivo non psicotico che si manifesta con una frequenza del 10-20% nei paesi occidentali. Solitamente compare entro i dodici mesi successivi al parto e in genere il suo esordio avviene tra la quarta e la sesta settimana . Essa non va confusa con il fenomeno noto come “ baby blues “ o “ sindrome del terzo giorno” che come già precisato nella sua definizione, raggiunge il suo picco tra il terzo e il quarto giorno dopo il parto. Si tratta di uno stato di instabilità emotiva della mamma dovuto ad un crollo degli estrogeni e del progesterone successivi al parto. E’ una condizione che si risolve spontaneamente entro le prime quattro settimane e solitamente non richiede un intervento specifico. Ma vediamo insieme invece quali sono le caratteristiche della depressione post partum così da poterla riconoscere e fronteggiare.
Un aiuto per riconoscere la depressione post-partum
La Depressione Post Partum è una condizione clinica persistente nell’arco dei dodici mesi nella quale la donna avverte alcuni dei seguenti sintomi:
- sentimenti di profonda tristezza
- pianto inconsulto che si verifica durante tutto l’arco della giornata
- sensazione di affaticamento costante,
- improvvisi cambi d’umore
- disinteresse per il proprio bambino
- timore di poterlo danneggiare
- insonnia o eccessiva sonnolenza
- disturbi alimentari ( inappetenza o aumento di appetito e peso)
- perdita di piacere nel fare le cose
- Sentimenti di colpa
Tali sintomi non si risolvono spontaneamente e tendono a cronicizzarsi se non trattati causando ricadute sia sulla crescita fisica che psicologica del bambino oltre a ricadute sull’intera vita familiare e di coppia.
Quali sono le cause della depressione post-partum?
Le cause di tale disturbo sono molteplici e coinvolgono sia la sfera psichica che quella fisica e sociale. Innanzitutto è importante sottolineare come la nascita di un bambino comporti la contemporanea “ nascita di una mamma” che già nel periodo precedente al parto, quello di gestazione , si trova impegnata inconsapevolmente in un “ lavoro psichico” nel quale verranno ridiscussi interiormente i propri valori il proprio ruolo le priorità e i legami con le proprie figure genitoriali.
Tale rimaneggiamento risulta necessario dal momento che consente alla donna di potersi affrancare dal solo ruolo di figlia completando quel processo di separazione che le consentirà di diventare un adulto capace di sentirsi sostenuto da un’immagine interna di genitore accudente e capace di ricreare soggettivamente un proprio modo di essere e di sentirsi genitore capace di prendersi cura del proprio bambino.
Tuttavia , quando la donna ha vissuto esperienze di cura deprivanti rispetto alle proprie figure genitoriali, questo processo di rimaneggiamento può causare delle regressioni che impediscono alla donna di accedere a questa nuova e più integrata identità generando così esordi di tipo depressivo.
La presenza inoltre di condizioni socio economiche sfavorevoli così come l’assenza di una buona rete sociale o di una relazione conflittuale e poco appagante con il partner, rappresentano ulteriori fattori che possono contribuire alla genesi di tale disturbo.
Allora cosa fare?
E’ importante che la donna possa segnalare il proprio vissuto ad un esperto ( medico di base, ginecologo, pediatra..) senza il timore di sentirsi giudicata come fallimentare al fine di poter trovare un aiuto idoneo alla propria situazione .
L’intervento psicoterapico individuale o di coppia rappresenta ad oggi uno degli aiuti fondamentali per poter consentire alla donna e alla nuova coppia genitoriale uno spazio di riflessione all’interno del quale, poter affrontare sia i vecchi fantasmi del passato che possono impedire l’evoluzione verso la strutturazione di un nuovo assetto psicofisico che nuovi cambiamenti in vista del futuro. In alcune situazioni cliniche più gravi è invece importante associare a tale trattamento la cura farmacologica che va eseguita sotto stretto controllo medico.
Ad ogni modo è importante ricordare che la maternità rappresenta un momento di vita complesso non solo per la mamma ma anche per la coppia coniugale e che questo, richiede una maggior attenzione, un maggior dialogo e l’idea che come accadeva un tempo, sia necessario un maggior sostegno e una salda rete sociale al fine di consentire questa nuova e doppia nascita .
Laura Tocci
Psicologa esperta in infanzia e adolescenza