Italiani senza cittadinanza

italiani senza cittadinanza

Norme, tempi e modalità per l’ottenimento della cittadinanza italiana da parte degli “stranieri” nati in Italia

Sapevate che in Italia ci sono italiani senza cittadinanza? Migliaia di persone nate in Italia, che parlano l’italiano (correttamente), che qui frequentano le scuole, si laureano, lavorano; individui che ne condividono usi e costumi, ne conoscono la storia, ma che – secondo le leggi dello Stato – sono da considerare giuridicamente “stranieri”. Ospiti a casa propria.

Chi e quanti sono gli italiani senza cittadinanza? Nel 2019, secondo i dati ISTAT, sono nati 420.084 bambini di cui 62.918 da genitori stranieri. Italiani di fatto, ma non di diritto, a cui non viene attribuita la cittadinanza italiana, almeno non nell’immediato.

L’attesa durerà ben 18 anni. Perché? La risposta va ricercata nella normativa vigente in materia di cittadinanza, nello specifico nel testo della legge n.91 del 5 febbraio 1992. Una  norma, quest’ultima, considerata dai più superata già al momento della sua emanazione, incapace di cogliere le reali evoluzioni demografiche in atto.

Oggi si stima che siano almeno 1 milione e mezzo gli italiani senza cittadinanza, ragazzi nati e/o cresciuti in Italia che lottano per una necessaria riforma della legge. Osserviamola più da vicino.

La L.91/92 individua nello ius sanguinis il principale istituto di riferimento in materia di cittadinanza, affermando che: è cittadino (italiano) per nascita, “il figlio di padre o madre cittadini (italiani), (art.1 comma 1). Nel caso dello ius sanguinis,dunque, l’attribuzione della cittadinanza avviene per discendenza. In parole semplici, si è cittadini di uno stato se si è figli di almeno un cittadino dello stesso. Nel determinare se la cittadinanza spetta o meno di diritto al nascituro, essenziale sarà la presa in considerazione della cittadinanza posseduta dai genitori.

L’ordinamento italiano prevede, in via residuale, anche dei casi di ius soli, dal latino “legge del suolo”. Generalmente, lo ius soli, prevede il riconoscimento della cittadinanza di un dato stato agli individui nati sul suo territorio, a prescindere dalla cittadinanza detenuta dai genitori. Nel mondo sono attualmente 33 gli stati che applicano lo ius soli illimitato, molti altri ne prevedono una versione temperata. In Italia, il dibattito riguardante l’adozione di uno ius soli più ampio e progressista viene periodicamente rilanciato e puntualmente rinviato.

Attualmente, in Italia, la cittadinanza viene riconosciuta per ius soli:

– all’individuo “nato sul territorio della Repubblica se entrambi i genitori sono ignoti o apolidi” o, in base alla legislazione dello stato di appartenenza, non trasmettono la propria cittadinanza al figlio (art.1 comma1, lett. b, L.91/92);

  • “al figlio di ignoti abbandonato sul territorio dello stato italiano qualora non sia possibile stabilire altra cittadinanza” (art.1 comma 1, lett. c, 91/92).

Tralasciamo i casi sopra citati e quelli di adozione e filiazione, piuttosto intuitivi, arriviamo al nocciolo della questione: come funziona per gli “stranieri” nati in Italia? La parola chiave in questo caso è: “residenza”. La cittadinanza italiana viene riconosciuta allo:

straniero “nato in Italia, che vi abbia  risieduto  legalmente senza  interruzioni  fino  al  raggiungimento  della  maggiore  età (…) se dichiara di  voler  acquistare  la  cittadinanza italiana entro un anno dalla suddetta data” (art. 4, comma 2 L. 91/92).

La norma, dunque, prevede che gli “stranieri” nati in Italia possono acquisire la cittadinanza una volta raggiunta la maggiore età, purché siano soddisfatti due requisiti:

  • il desiderio di voler ottenere la cittadinanza dev’essere manifestato presentandosi presso l’Ufficio di Stato Civile del Comune di residenza entro i 19 anni;

– la permanenza sul territorio italiano, dalla nascita fino alla maggiore età, dev’essere stata continuativa.

Quanto al primo adempimento, è in capo al Comune di residenza l’obbligo di notificare il soggetto, presso l’indirizzo di residenza comunicato e nei 6 mesi che precedono il compimento del diciottesimo anno, informandolo del diritto di accedere alla cittadinanza rendendo (presso l’Ufficio di Stato Civile) la propria dichiarazione di volontà. Solamente a partire da detta notifica decorrerà il termine di un anno imposto dalla legge; questo significa che, in assenza della comunicazione da parte del comune di residenza, la volontà di acquisire la cittadinanza italiana da parte del cittadino straniero può essere espressa anche dopo il compimento del diciannovesimo anno d’età (art.33, comma 2 L.98/2013).

Il prossimo passo sarà quello di fornire tutti gli elementi utili a provare la residenza legale e ininterrotta sul territorio italiano, quindi dalla nascita fino ai 18 anni; s’intende con ciò anzitutto il possesso del permesso di soggiorno (annotato su quello dei genitori) e l’iscrizione anagrafica.

Il requisito della residenza continua, preteso dalla norma vigente, è stato – ed è ancora – sovente interpretato in maniera restrittivo, generando non pochi dinieghi. Tanto che la circolare n.22 del Ministero dell’Interno del 7 novembre 2007 è intervenuta chiarendo come eventuali ritardi circa l’iscrizione dei figli all’anagrafe da parte dei genitori non potrà essere considerato elemento pregiudizievole all’ottenimento della cittadinanza. La circolare, altresì, specifica che ove si manifestassero delle brevi interruzioni nella titolarità del permesso di soggiorno del neo-maggiorenne, quest’ultimo potrà comunque dimostrare la sua presenza in Italia prima dell’effettiva regolarizzazione anagrafica attraverso documenti idonei integrativi quali attestati di vaccinazione, certificati medici o di ricovero, l’iscrizione scolastica, ecc..

Il successivo decreto legge 21 giugno 2013 n. 98 afferma, inoltre, che “non   sono   imputabili   (al cittadino straniero nato in Italia) eventuali inadempimenti riconducibili ai genitori o agli uffici della  Pubblica Amministrazione ed egli può dimostrare il  possesso  dei  requisiti con ogni altra idonea documentazione”.

La dichiarazione di volontà dovrà essere resa presso l’Ufficio di Stato Civile del Comune di residenza. In questa occasione, il soggetto dovrà esibire:

  1. copia integrale dell’atto di nascita;
  2. documento d’identità;
  3. documento che attesti la cittadinanza estera;
  4. titolo di soggiorno;
  5. certificato storico di residenza;
  6. ogni altra documentazione utile a provare la presenza in Italia (qualora ci fossero dei gap nel permesso di soggiorno o tardiva registrazione anagrafica).
  7. ricevuta del pagamento di un contributo di 250€(effettuato tramite bollettino postale sul conto corrente 809020 intestato al “Ministero dell’Interno DLCI -cittadinanza”, dovrà riportare come causale “cittadinanza – contributo di cui all’art. 1, comma 12, Legge 15 luglio 2009, n. 94”).

Accertato il possesso di tutti i requisiti da parte del Sindaco, l’esito verrà comunicato al richiedente per iscritto entro 120 giorni dalla ricezione degli atti; ricevuto riscontro positivo, l’individuo potrà recarsi nuovamente in Comune per il consueto giuramento alla Repubblica, diventando (finalmente) cittadino!

Se sei un italiano/a senza cittadinanza con ancora qualche dubbio su come muoverti, ti consigliamo di consultare il sito secondegenerazioni.com e la lettura della guida “18 anni in Comune” sviluppata dalla rete G2 in collaborazione con l’ANCI e Save the Children (che troverete al seguente link http://www.secondegenerazioni.it/pdf/Guida_18_anni_in_Comune_2.0.pdf) ti ricordiamo, inoltre di consultare sempre il Comune di residenza e il sito del Ministero dell’Interno  per tutte le informazioni e gli aggiornamenti circa procedure, tempi e  documentazione da presentare, soggetti a variazione.  Vogliamo conoscere la tua esperienza, ti va di raccontarcela? Contattaci .

 

 Rossella De Pasquale
Dott.ssa. in Relazioni Internazionali

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