La violenza sulle donne e i femminicidi sono temi caldi nel panorama nazionale e internazionale, ma restano poco chiare le origini della violenza di genere e, di conseguenza, si fatica a individuare corrette strategie per contrastare un fenomeno che desta un vero e proprio allarme sociale.
Esiste un modo per isolare le origini della violenza di genere e contrastarne le conseguenze? Esistono strumenti per prevenire in qualche modo un destino infausto per le vittime?
Cos’è la violenza di genere
Innanzitutto è necessario circoscrivere come violenza di genere il tipo di violenza che si fondi, specificamente, sul genere delle sue vittime. Una violenza perpetrata contro donne in quanto donne, in ragione della loro appartenenza al genere femminile.
La tipologia di violenza, poi, può assumere forme differenti:
- psicologica
- fisica
- sessuale
Contrariamente poi all’opinione più comune la violenza di genere non viene perpetrata, unicamente, da partner o ex partner della vittima ma può essere posta in essere anche da altre figure (solitamente maschili) come padri, fratelli, datori di lavoro, conoscenti. Il comune denominatore è sempre una sopraffazione che trova, nella differenza di genere, il suo innesco principale.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità riconosce la violenza di genere come una delle più crudeli violazioni dei diritti umani, che spesso porta alla morte delle vittime per mano dei carnefici. Basti pensare ai numeri italiani sui femminicidi, che ogni anno raggiungono cifre insostenibili.
Origini della violenza di genere
Le origini della violenza di genere vanno ricercate in un assetto sociale e culturale radicato, e interiorizzato, che legittima un ruolo dominante dell’uomo sulla donna e avalla una forma di sottomissione fin dal primo nucleo familiare.
In qualche modo le origini della violenza di genere sono da ricercare nelle origini dello stesso patriarcato, dove la donna viene considerata una proprietà dell’uomo e per questo sottoposta al suo dominio.
Non bisogna andare poi molto indietro nel tempo per trovare stralci di questa impostazione nei nostri stessi codici civile e penale: le figure del delitto d’onore e del matrimonio riparatore, estirpate recentemente dai nostri sistemi di diritto, esprimono al meglio questa concezione che rimette nelle mani dell’uomo l’integrità psicofisica della donna nella sua totalità. Una condizione di subordinazione che non lascia libera scelta alle donne nel loro destino domestico e sociale.
Reati satellite alla violenza di genere
Alcuni reati, riconosciuti dal nostro stesso ordinamento, sono considerati reati satellite della violenza di genere. Azioni antigiuridiche, molto comuni, diventano propedeutiche al compimento di violenze più gravi e definitive.
In qualche modo le origini della violenza di genere affondano le loro radici, anche, nel compimento di tutti quegli atti lesivi commessi al fine di controllare, umiliare e sopraffare le vittime di sesso femminile. Si pensi a reati come minacce, atti persecutori, diffusione di materiale pornografico senza consenso, maltrattamenti in famiglia.
Non sono azioni isolate, sono tutte fondate sullo stesso schema di sopraffazione e dominazione dell’uomo sulla donna. Donna che diventa “oggetto” e uomo che diventa “soggetto” nell’esercitare il suo dominio.
Queste azioni sono, purtroppo, sottovalutate quando si parla di violenza di genere. Difficilmente portano ad azioni concrete, dal punto di vista di tutela preventiva, e ancor più raramente sono oggetto di condanne severe sul piano giudiziario. Una leggerezza che si riverbera sulla pelle delle vittime che, dopo aver denunciato per questi reati, non ricevono tutela adeguata e diventano successivamente vittime di atti più gravi e a volte fatali.
Tale sfiducia nel sistema giudiziario, poi, diventa il movente per non denunciare proprio azioni considerate minori. Che invece rapidamente possono portare a un escalation di violenza.
Narrazione errata della violenza di genere
Uno degli elementi da considerare, quando si parla delle origini della violenza di genere, è come questa viene raccontata attraverso i media tradizionali. La narrazione errata della violenza ingenera nelle persone l’incapacità di riconoscerla, di respingerla e di segnalarla.
Spesso sulle testate più importanti si sente parlare di “orchi”, “mostri”, “bestie”. In un vano tentativo di allontanarsi dalla violenza perpetrata, come fosse il frutto di una mente non umana. La difficoltà a riconoscere l’umano nell’autore del reato ci convince, quindi, che solo un mostro potrebbe commettere determinati atti. Portando le vittime e i loro cari a sottostimare determinati comportamenti perché frutto di persone note, conosciute, amate. Quindi sicuramente “non mostri”.
Altre volte, invece, si tende a romanticizzare la violenza parlando di “uomini che amano troppo”, di “gelosia” o “tradimenti”, cerando anche qui di decodificare l’azione violenta e trovarne giustificazione e leicità. Quando l’autore di reato non è un mostro diventa un uomo ferito, infelice, troppo innamorato. Anche qui nel tentativo di trovare una causa che allontani l’orrore della violenza stiamo denigrando la vittima, cercando di addossarle una qualche forma di responsabilità.
Queste narrazioni dei media costituiscono il terreno fertile delle stesse origini della violenza di genere. In qualche modo si cerca di disumanizzare l’autore di reato o, addirittura, di comprenderlo. Portando le vittime, o le persone a loro vicine, a sottostimare determinati episodi perché ben lontani dal comune sentire, da ciò che si legge sui giornali. In evidente contrasto con la realtà dei fatti che sono molto più umani e comuni di quanto si voglia comprendere.
Possibili Soluzioni
La violenza di genere è una forma di discriminazione grave e perdurante che va contrastata con ogni modalità possibile. Analizzate le origini è necessario valutare le idonee strategie per prevenirla e/o estirparla.
In primo luogo sarebbe necessaria una formazione idonea nelle nuove generazioni, per interrompere una forma educativa di stampo patriarcale che ingeneri nei ragazzi (e poi negli uomini) la convinzione di rivestire una posizione di supremazia sulle donne. Fondamentale sarebbe una profonda educazione all’inclusività, al rispetto e al consenso che dovrebbe partire fin dalle scuole primarie. Per scardinare l’idea di una subordinazione del sesso femminile a quello maschile, che è il trigger indiscusso di qualsiasi forma di violenza di genere.
In secondo luogo, dal punto di vista legislativo, giuridico e processuale, andrebbero trattati con maggiore serietà le azioni che integrano i reati satellite. A fronte di fatti indice di una mentalità violenta e abusante, andrebbero presi provvedimenti più idonei, per tutelare le vittime in via preventiva e reinserire gli autori di reato con più attenzione e controllo nel loro ambiente familiare.
Infine la violenza non dovrebbe essere descritta con toni e modalità che vadano a denigrare e responsabilizzare le vittime per gli accadimenti di cui si trovano, loro malgrado, protagoniste. Non si dovrebbe, altresì, mai lasciar intendere che tali violenze appartengano a persone (e personalità) fuori dal comune.
La violenza di genere può colpire in ogni rete sociale ed economica e saperne riconoscere i segni può salvare delle vite.
Mediatrice Familiare e Criminologa Clinica